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Essere un buon leader: il ruolo dell’intelligenza emotiva

Marzo 8, 2023

Essere un buon leader che cosa significa?

Si tratta di uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi anni. Legato a una cultura aziendale sempre più attenta ad aspetti quali benessere, empatia, rispetto, comunicazione efficace.

Il termine leadership deriva dal verbo inglese “to lead” e significa guidare, condurre, dirigere. Per questo è un concetto che, se concretizzato, è capace di fare la differenza all’interno delle aziende e dei team di lavoro. Una leadership “illuminata” e un ambiente lavorativo positivo, infatti, influiscono in maniera diretta sulla performance, favoriscono l’impegno, la fiducia e la soddisfazione dei dipendenti.

E’ importante sottolineare che leadership e management non sempre corrispondono e non sono la stessa cosa. I manager non necessariamente ricoprono anche il ruolo di leader, così come un leader non sempre assume ruoli manageriali in azienda. Semplificando il concetto, possiamo dire che i leader hanno persone che li seguono, mentre i manager hanno persone che lavorano per loro.

Nelle imprese, affinché abbiano successo, chi ricopre ruoli di rilievo e di gestione del personale deve tuttavia essere sia un leader forte che un manager. L’obiettivo è quello di coinvolgere il proprio team nel lavorare verso una visione di successo comune. 

Viene ora spontaneo chiedersi quali caratteristiche deve possedere un buon leader. E per rispondere, possiamo fare riferimento all’intersezione tra l’intelligenza emotiva e la leadership.

 

Il legame tra leadership emotiva e intelligenza emotiva

 

La figura del leader all’interno delle organizzazioni si è evoluta molto nel corso degli anni. I people manager hanno dovuto aggiornare le proprie competenze per stare al passo e superare la concezione della leadership basata sull’esercizio del controllo, attraverso potere e autorità. In una società sempre più mutevole e competitiva, occorre far leva sulle emozioni dei collaboratori e, in particolare, sulle loro passioni, aspirazioni e motivazioni per riuscire a garantire la continuità aziendale.

Il cuore delle organizzazioni è rappresentato dalle persone che vi lavorano e i leader hanno il compito di stimolare i collaboratori a esprimere tutto il loro potenziale e di offrire il proprio contributo.

Ed è a questo concetto che si lega quello di intelligenza emotiva proposto da Daniel Goleman. Lo psicologo statunitense descrive l’intelligenza emotiva come l’insieme di specifiche capacità, quali: consapevolezza, padronanza di sémotivazione, empatia, abilità nelle relazioni interpersonali. Tutti aspetti che permettono di utilizzare le emozioni come risorsa straordinaria a vantaggio proprio e della collettività.

 

L’intelligenza emotiva è quindi la capacità di comprendere, utilizzare e gestire le proprie emozioni in modi positivi per alleviare lo stress, comunicare in modo efficace, entrare in empatia con gli altri, superare le sfide e disinnescare i conflitti. 

In questo senso, essere un leader non significa controllare le persone affinché facciano il loro lavoro. Al contrario, significa ispirarle per far sì che agiscano per il bene dell’organizzazione, suscitando in loro dei sentimenti positivi. Tale funzione emotiva si concretizza nella capacità di orientare positivamente le emozioni delle persone e nella capacità di bloccare sul nascere gli effetti negativi scatenati da emozioni tossiche.

 

In termini pratici, questo significa essere consapevoli che le emozioni possono guidare il nostro comportamento e avere un impatto sulle persone. Prima di poter sviluppare l’intelligenza emotiva, è quindi necessario avere una buona capacità di mentalizzazione, cioè di concepire noi stessi e gli altri come aventi degli stati mentali.

 

Le caratteristiche della leadership emotiva

 

Come affermato da Goleman, Boyatzis e McKee la leadership emotiva si divide in sei stili, ognuno utile in una situazione specifica e sviluppabili da tutti.

Nello specifico, sono:

  • visionario;
  • coach;
  • democratico;
  • affiliativo;
  • esigente;
  • autoritario.

Ognuno dei sei stili ha un impatto diverso in base al modo di sentire del gruppo. Quindi, in funzione del risultato che si vuole ottenere, sarà più efficace utilizzarne l’uno o l’altro. Non esiste uno stile di leadership emotiva migliore di altri: ognuno prevede vantaggi e principi applicabili in funzione del contesto.

 Tuttavia, un buon leader deve essere capace di dominarli tutti e sei e saper scegliere il più adatto alla circostanza.

Quali sono quindi le caratteristiche del “leader emotivo”?

  • Self Awareness: consapevolezza di se stessi, ossia la base dell’intelligenza emotiva.

I leader dotati di questa capacità riescono più facilmente a riconoscere i propri sentimenti e a entrare in sintonia con essi, senza perdere il controllo. Essi agiscono in maniera conforme ai propri valori e obiettivi, e riescono a comprendere l’impatto che i sentimenti hanno sulla performance e sul clima. Per tale ragione, cercano di orientarli positivamente per evitare conflitti e mantenere positivo l’umore del team, guidandone le azioni.

  • Self Management (autocontrollo): si parla di ottimismo, adattabilità, autoregolazione, capacità di definire e raggiungere obiettivi.

Un leader capace di auto-gestirsi fa in modo che le proprie emozioni si concretizzino in un comportamento efficace. Non permettono quindi alle emozioni negative di prendere il controllo delle proprie azioni. Si tratta di una leadership trasparente, che si basa sulla capacità di comunicare apertamente a tutti come si intende agire e in che direzione procedere. Significa pensare in modo agile e adattarsi ai cambiamenti accettando nuove sfide stimolanti.

  • Social Awareness (coscienza sociale): include l’empatia e la consapevolezza organizzativa.

Nelle interazioni con le altre persone è molto importante concentrarsi sull’ascolto. I leader con scarsi livelli di QE tendono a pensare a ciò che devono dire, piuttosto che ascoltare.

I leader che sviluppano la coscienza sociale riescono invece a entrare in sintonia con i sentimenti degli altri. Ciò gli consente di captare la temperatura emotiva del gruppo o dei singoli, e di cogliere le emozioni che non vengono espresse verbalmente.

I leader empatici comprendono le esigenze dei propri collaboratori, poiché sono ben disposti ad ascoltarli, e riescono ad approcciarsi alle cose dal loro punto di vista.

Una buona coscienza sociale permette di gestire con facilità le relazioni all’interno dell’organizzazione, di individuare e comprendere i rapporti di potere esistenti, ma anche di decifrare le norme comportamentali tacite su cui si regge l’intero sistema operativo aziendale.

In questo senso, una best practice semplice è chiedere le opinioni e le sensazioni rispetto a un particolare progetto a ciascun componente del gruppo di lavoro. Il solo fatto di sapere di essere ascoltati aiuta a ridurre le cause di stress e la negatività.

  • Relationship Management (gestione delle relazioni): si riferisce alla capacità di ispirare e influenzare gli altri, di aiutarli agendo come un coach o un mentore, gestire i conflitti e lavorare in team.

Grazie a una maggiore consapevolezza di sé e alla pratica costante, il leader può essere d’ispirazione per il proprio gruppo di lavoro, creando un clima aperto e collaborativo.

I leader che sono in grado di ispirare i propri collaboratori generano risonanza e creano engagement e commitment a lungo termine. Essi orientano le emozioni e le azioni degli altri verso uno scopo comune, rendendo il lavoro più stimolante e trasmettendo i valori dell’organizzazione, fungendo da esempio e da guida.

La qualità delle interazioni determina il morale e alimenta la fiducia anche in situazioni complesse, poiché le persone sanno di poter contare sull’ascolto da parte di chi li guida. 

Queste dimensioni sono strettamente collegate da una relazione dinamica. La consapevolezza di sé favorisce sia l’empatia sia la gestione di sé. E queste tre favoriscono un’efficace gestione dei rapporti interpersonali. 

 

Intelligenza emotiva e benessere in azienda

 

Stimolare lo sviluppo dell’intelligenza emotiva nei dipendenti e nei leader è utile per aumentare la soddisfazione nel lavoro, per favorire l’engagement, sentimenti positivi, performance elevate, una migliore salute fisica e psichica e un miglior clima all’interno dell’organizzazione.

Non è un caso che le organizzazioni dalle alte performance abbiano in comune una serie di caratteristiche correlate all’intelligenza emotiva, come: comprensione interpersonale, autoconsapevolezza del team, capacità di autovalutazione, responsabilità e apprendimento costante.

Per costruire un’organizzazione emotivamente intelligente, è quindi essenziale integrare l’IE nei valori e nei principi dell’azienda, evitando di focalizzarsi solo sulle competenze tecniche delle persone.

I collaboratori e i leader possono diventare vere e proprie risorse solo nella misura in cui sono capaci di gestire bene se stessi, emozioni contrastanti e spiacevoli, e di mantenersi focalizzati sugli obiettivi anche durante le crisi, dimostrando un’ottima adattabilità.

Ma anche di comprendere l’importanza della capacità di sintonizzarsi sulle altre persone del team, creare empatia, capire come si sentono, cosa pensano, le loro aspettative. Così come di risolvere i contrasti e dimostrare interesse verso il prossimo.

Tutto questo rende possibile capire come comunicare, influenzare, guidare, coinvolgere al meglio, per ottenere il massimo da ogni componente del team.

 

 

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